Intervista al direttore del Policlinico Gemelli di Roma

Il Policlinico Gemelli è stato accreditato da JCI.  Un riconoscimento molto importante che attesta la qualità dei servizi erogati e l’attenzione al paziente.
Il prof. Marco Elefanti è il direttore del Policlinico Gemelli e a lui rivolgiamo qualche domanda per meglio capire cosa significa l’accreditamento JCI per l’ospedale.


La soddisfazione dell’accreditamento JCI, che vuol dire essere riconosciuti come ospedali di qualità a livello internazionale, cosa significa praticamente?

Innanzi tutto, essere accreditati JCI è un impegno per il futuro e non solo il riconoscimento di quello che abbiamo fatto. È un impegno a generare processi decisionali e operativi orientati al paziente e coerenti con “gli standard” JCI. Gli standard rappresentano comportamenti attesi da tutto il personale, modalità per fare diagnosi e assistere, per prendersi in carico i pazienti e per permettere la continuità delle cure. Però la vera soddisfazione (anzi l’orgoglio) è per il personale del policlinico Gemelli, tutto il personale – dai capi che hanno capito l’importanza agli operatori che hanno modificato i loro comportamenti – ha partecipato con impegno e determinazione.  Mi ha fatto capire ancora di più che la ricchezza del Policlinico sta nelle persone e nei valori che riesce ad esprimere.
Accreditare un ospedale così grande e così complesso e differenziato è possibile solo con persone motivate e che comprendono il valore aggiunto degli standard JCI: ed è stato così!


La preparazione all’accreditamento JCI è stata molto impegnativa?

Si, ma non così come si può immaginare.  Nel Policlinico c’è una cultura orientata ai pazienti e ai loro bisogni, una sensibilità alla personalizzazione delle cure e alla ricerca del meglio per il paziente.  Questo ci ha sicuramente molto aiutato.  Gli standard JCI vanno in questa direzione e hanno trovato terreno fertile da noi.

 

Ma costa tanto l’accreditamento JCI?

Non più di quanto un impegno sulla qualità dell’assistenza comporta.  Certo che se una struttura per la qualità e la sicurezza dei pazienti non fa niente….  Peraltro, la valutazione da esperti esterni è molto utile, perché essere valutatati inevitabilmente tira fuori il meglio.

 

Quale è stata la cosa più complicata per giungere all’accreditamento?

I fattori sfidanti sono tanti: dalla valutazione dei professionisti, al doppio controllo delle prescrizioni, dalla gestione integrate delle informazioni sui pazienti ai programmi per gli specializzandi. Ma forse il tema più complesso è stato far comprendere a tutti che questa poteva essere un’occasione unica e irripetibile di raccogliere una sfida collettiva a tutti i livelli dell’organizzazione. Il primo ad avere il timore di non riuscire a generare questo clima organizzativo ero io. Il timore è stato superato quando in un venerdì pomeriggio di fine gennaio 2020 (un mese prima dell’avvento della Pandemia in Sala Brasca per la ‘restituzione della prima mock survey dei 5 verificatori esterni al Policlinico eravamo in 450 di ogni funzione e area professionale. Da li in poi, nonostante la pandemia, è stato un crescendo di coinvolgimento e di consapevolezza del rilievo interno prima che esterno al Politecnico dell’accreditamento JCI.

 

Consiglierebbe l’accreditamento JCI ad altre strutture?

Ovviamente sì. L’attenzione alla qualità e alla sicurezza del paziente sono al centro dell’accreditamento e questo non può che far bene alle performance.  Un aspetto mi pare indispensabile da considerare: concentrare l’attenzione su questi aspetti genera quella che gli esperti definiscono “clinical governance” cioè la capacità di generare condizioni che permettono ai professionisti (tutti, medici, infermieri e altri professionisti) di essere capaci di migliorare in modo sistematico i risultati della propria azione. Si, gli standard JCI sono un modo per governare una struttura sanitaria.

 

Lo staff che ha guidato il progetto che ruolo aveva?

Il nostro direttore sanitario Andrea Cambieri e il responsabile dei processi di quality improvement  Alberto Fiore sono stati la guida del progetto.  Il progetto era reale, sostenuto da me e dal CDA.  Abbiamo identificato obiettivi specifici e sistemi premianti.  La responsabilità sul progetto era chiara e condivisa e loro sono stati un punto di riferimento non solo nel richiamare gli obiettivi, ma soprattutto per partecipare a trovare soluzioni, a sostenere i processi di cambiamento, a generare le condizioni di successo dell’iniziativa.  Ecco anche su questo abbiamo imparato: così si gestiscono i processi complessi e trasversali!

 

Ci sono aspetti su cui non è soddisfatto?

Forse è meglio dire che abbiamo imparato e alcuni errori non li faremo più.  Sono proprio soddisfatto che abbiamo e stiamo imparando e quindi l’errore non è più una obiezione ma l’occasione per migliorare. Si può affermare che la cultura organizzativa del Policlinico è questa:dobbiamo migliorare imparando dalle difficoltà e dagli errori”. D’altra pare la comunità degli accreditati JCI ci permette di confrontarci e imparare da altri. Invito tutti a guardare fuori dai propri stretti confini per capire come risolvono i problemi gli altri.  Questa una lezione fondamentale.

 

L’ultima domanda: lo rifarebbe?

Certo, anzi avremmo dovuto farlo prima!!!!