Corriere della Sera

Una nuova sanità è possibile con le sinergie

Perché il sistema possa progredire occorre introdurre sistemi di competizione collaborativa

Marco Elefanti | 14 agosto 2022

prendendo spunto dalle riflessioni proposte lunedì 8 agosto dal presidente di Humanitas Gianfelice Rocca, ritengo opportuno raccogliere alcuni spunti orientando le valutazioni sul ruolo che hanno svolto e che potranno svolgere le organizzazioni della sanità privata senza scopo di lucro. Istituzioni private non profit come il Policlinico Universitario Agostino Gemelli hanno mostrato nel passato (e confermato nella pandemia) di svolgere un ruolo determinante nell’erogazione di prestazioni di qualità ai pazienti del Servizio sanitario nazionale, qualificandosi come punto di riferimento nella rete regionale e nazionale di assistenza e cura, e occupando un ruolo rilevante nella ricerca e nell’innovazione clinica.

Durante la pandemia a partire da marzo 2020 il Policlinico Gemelli, su richiesta della Regione Lazio e nel consueto spirito di collaborazione, ha rapidamente riconvertito 250 posti letto del presidio Columbus per gestire l’impatto enorme dell’emergenza sanitaria da Covid-19 prendendo in carico, a tutto il 30 giugno 2022, oltre 9.500 pazienti in regime di ricovero mettendo a disposizione fino a 400 posti letto. Un secondo aspetto rilevante per il sistema sanitario garantito da numerose strutture private non profit concerne il livello di qualità e propensione all’innovazione.

Come benchmark di riferimento, il Policlinico Gemelli si classifica sistematicamente primo tra gli ospedali italiani e nei primi 40 al mondo, occupando la trentasettesima posizione secondo il ranking pubblicato da Newsweek nell’ambito dell’indagine «best hospitals 2022» con una altissima qualità percepita dal territorio. Ciò trova riscontro anche dal fatto che oltre l’80% degli accessi al nostro Pronto soccorso (64.000 nel 2021) non provengono dal circuito del 118, ma da libera scelta dei pazienti.

Purtroppo, a fronte del ruolo effettivo e potenziale delle strutture sanitarie private non profit, i sistemi di rimborso delle prestazioni Ssn appaiono nel Lazio del tutto inadeguati, non avendo determinato, a differenza di altre Regioni, criteri e modalità che permettano agli ospedali di alta complessità di coprire i costi di produzione. Nel Lazio le motivazioni sono diverse e derivano da una condizione di Regione vincolata nelle scelte autonome di finanziamento dovute allo stato di Regione in piano di rientro e dall’anzianità del sistema di tariffazione (di cui parlava Rocca) che a livello nazionale risale al 2009, modificato solo in minima parte, e che per la Regione Lazio vede l’ultima revisione al 2013.

Un esempio tra i tanti, emblematico e significativo del sistema di rimborso vigente concerne la tariffa di trattamento dei tumori della mammella. Le linee guida sono state oggetto di un profondo mutamento con l’approvazione da parte della Regione Lazio nel 2015 di uno specifico percorso terapeutico, prevedendo nell’interesse delle pazienti il trattamento unitario dell’attività chirurgica diagnostica, demolitiva e ricostruttiva che costituisce un significativo beneficio sia clinico che psicologico, ma determina un raddoppio dei costi (doppio tempo in sala operatoria, doppia equipe) che però non sono considerati perché la remunerazione è solo per la demolizione. Insomma, la qualità affermata dalla Regione non è finanziata da un adeguato rimborso.

Il rimborso per questi trattamenti oscilla da circa 2.500 euro a 3.900. Ciò determina una perdita sistematica per una struttura come il Gemelli di circa 2.500 euro a ricovero, che va calcolata per le circa 900-1.000 pazienti trattate annualmente (numero pari ad analoghi trattamenti effettuati complessivamente dagli altri ospedali romani). In sintesi solo per questa prestazione il Gemelli perde ogni anno 2,5 milioni, rendendo di fatto impossibile sostenere ricerca e innovazione, e impedendo di incrementare i trattamenti, nonostante le rilevanti liste di attesa.

Riformare il sistema e riconoscere l’opportuno valore alle strutture private non profit significa ripensare radicalmente la sua governance. La governance dei sistemi regionali non può essere a guida esclusiva di vertici territoriali comprensibilmente impegnati a indirizzare e a verificare l’azione delle strutture pubbliche sulle quali esercitano il ruolo proprietario.

Assegnare alle strutture private non profit un ruolo coerente al proprio potenziale clinico, assistenziale e di formazione (per quelle che svolgono attività didattica come i policlinici universitari) significa definire una governance del sistema salute a soggetti contraddistinti da elevate competenze tecniche e capaci di valutare in modo indipendente risultati raggiunti e obiettivi da perseguire.

Un sistema tariffario obsoleto, che prescinde dalla qualità delle prestazioni, e in taluni casi persino la ostacola, abbinato alla sistematica esclusione dei soggetti privati dall’accesso ai fondi pubblici strutturali, ribadita in sede di Pnrr, spinge e quasi costringe le realtà sanitarie migliori del nostro Paese verso approcci alla sanità selettivi, opportunistici e speculativi. Ciò, quando questo contrasta, come nel caso del Policlinico Gemelli, con una radicata vocazione all’«eccellenza per tutti» genera impossibilità di sostenere la propria missione.

In conclusione, solo introducendo sistemi di competizione collaborativa il sistema potrà progredire su ambiti territoriali sempre più ampi superando lo schema ormai obsoleto che vede contrapposta la sanità pubblica ugualitaria e universale con quella privata per pochi e speculativa.

Direttore generale Fondazione
Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs

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